L’arrendevolezza, la virtù fondamentale.
Dove non c’è arrendevolezza c’è ignoranza.
devoto: É possibile parlare con Iswara (Dio) come fece Sri Ramakrishna?
Sri Ramana Maharshi:
Visto che possiamo parlare tra di noi, perché non dovremmo fare altrettanto con Iswara?
devoto: Per quale motivo allora non ci riusciamo?
Sri Ramana Maharshi: Perché sono necessarie purezza e forza mentale, oltre alla pratica della meditazione.
devoto: E se sussistono tali condizioni, Dio diventa evidente?
Sri Ramana Maharshi: Una simile manifestazione è reale quanto la tua stessa realtà.
In altre parole, quando identifichi te stesso con il corpo, come nello stato di veglia, vedi oggetti grossolani; quando sei nei corpi sottili o nei piani mentali, come nello stato di sogno, allora intravedi oggetti altrettanto sottili;
in assenza di identificazione, come nel sonno profondo, non vedi nulla.
Gli oggetti percepiti mantengono una relazione con lo stato del veggente.
Lo stesso vale per la visione di Dio.
In seguito ad una lunga pratica, la figura di Dio, su cui si è meditato, appare nei sogni e successivamente anche nello stato di veglia.
devoto: Ed è questo lo stato della realizzazione di Dio?
Sri Ramana Maharshi: Ascolta cosa accadde tempo fa.
“Vithoba, un grande saggio, si rese conto che Namdev (un grande devoto), non aveva ancora realizzato la verità ultima e così volle insegnargliela.
Quando Jnaneswar e Namdev tornarono dal loro pellegrinaggio, Gora, il vasaio, diede, nella sua casa, una festa aperta a tutti i santi, compresi Jnaneswar (grande saggio) e Namdev.
Durante l’evento, Jnaneswar (che si era già messo d’accordo con Gora stesso), si rivolse a Gora pubblicamente:
“Tu sei un esperto vasaio, impegnato ogni giorno a creare vasi e a testarli per verificarne la giusta cottura. Questi vasi davanti a te, i santi qui presenti, sono i vasi di Brahma, il creatore. Valuta tu quali tra essi sono pronti e quali no”.
Gora rispose:
“Certamente, lo farò subito!” e prese così il bastone con il quale era solito battere i suoi vasi per testarne la solidità.
Si recò al cospetto di ognuno dei suoi ospiti, colpendoli alla testa così come faceva abitualmente con i suoi vasi.
Ciascuno dei presenti si sottomise umilmente al colpo, ma quando Gora si avvicinò a Namdev, quest’ultimo esclamò indignato:
“Tu, vasaio, cosa vuoi dire colpendomi con quel bastone?”.
Allora, Gora si rivolse a Jnaneswar dicendo:
“Swami, tutti gli altri vasi sono stati cotti a dovere;
solo questo, ossia Namdev, non è ancora cotto abbastanza”.
Scoppiarono tutti a ridere!
Namdev si sentì profondamente umiliato e scappò via di corsa recandosi da Vitthala (il Signore Krishna, la divinità che adorava), con il quale aveva stretto una profonda amicizia, a tal punto da giocare, mangiare e dormire con lui.
Namdev cominciò a lamentarsi con Vitthala dell’umiliazione appena subita.
Proprio lui che era l’amico e il compagno più intimo di Vitthala!
Vitthala -il quale ovviamente era al corrente di tutto- finse di simpatizzare con Namdev, chiedendo ogni dettaglio su quanto accaduto nella casa di Gora.
Dopo aver ascoltato attentamente, disse:
“Perché non hai mantenuto il silenzio e non ti sei sottomesso al colpo di bastone, come hanno fatto tutti gli altri?
È da qui che sono iniziati tutti i tuoi guai!”.
Namdev scoppiò in lacrime e singhiozzando disse:
“Anche Tu vuoi unirti a loro ed umiliarmi?
Perché avrei dovuto sottomettermi come tutti gli altri?
Non sono forse il Tuo amico più intimo, il Tuo bambino?”.
Vitthala rispose:
“Non hai ancora compreso appieno la verità e, se te la dicessi ora, non la capiresti.
Vai da quel santo che vive nella foresta tra le rovine del tempio.
Lui potrà indicarti come ottenere la liberazione”.
Namdev allora si recò al luogo indicato e lì trovò un uomo anziano e strano che dormiva in un angolo del tempio e aveva i piedi sullo Shivalingam (rappresentazione della divinità, Shiva).
Namdev non riusciva a credere che quello sarebbe stato il santo da cui lui, il compagno preferito di Sri Krishna, avrebbe ottenuto la liberazione.
Tuttavia, poiché non c’era nessun altro nei paraggi, si avvicinò al santo e batté le mani di colpo.
L’uomo si svegliò e vedendo Namdev esclamò:
“Oh, tu devi essere Namdev, mandato da Vitthala, entra!”.
Namdev si sentì perplesso e pensò:
“Costui deve essere un grande uomo, perché sa chi sono io”.
Tuttavia, riteneva inaccettabile che chiunque, per quanto grande, potesse poggiare i piedi sul sacro lingam!
Allora chiese al sant’uomo:
“Tu sembri un grande essere, ma è appropriato per te tenere i piedi su un lingam?”.
Il sant’uomo rispose:
“Oh, i miei piedi sono su un lingam? Davvero? Dov’è il lingam? Fammi la cortesia, sposta i miei piedi altrove”.
Namdev rimosse i piedi del santo dal lingam e li poggiò in luoghi diversi, ma ovunque li posasse lì si manifestava un lingam!
Alla fine li mise sulle proprie ginocchia e… lui stesso diventò Shivalingam!
Realizzò la verità!
Il santo gli disse: “Ora puoi tornare a casa”.
Bhagavan Sri Ramana Maharshi aggiunse:
“Sia chiaro che, solo quando finalmente, il devoto si arrese e toccò i piedi del guru, conseguì la liberazione”.
Namdev tornò a casa e per qualche giorno non si recò più al tempio a trovare Vitthala, nonostante fosse sua abitudine non solo fargli visita quotidianamente, ma anche trascorrere con lui gran parte del tempo.
Dopo qualche giorno Vitthala andò lui stesso a cercarlo a casa sua.
Con sublime innocenza gli chiese come mai l’avesse dimenticato e non fosse andato più a fargli visita.
Namdev rispose: “Non mi faccio più ingannare.
Ora so! Dov’è quel luogo in cui Tu non dimori?!
Per stare con Te, devo forse venire al tempio? Esisto forse come separato da Te?”.
Allora Vitthala con commozione disse:
“Ora conosci la verità!
Per questo motivo ti ho mandato ad imparare la lezione fondamentale… l’arrendevolezza!”.
Quando il vaso è vuoto solo allora c’è maturità.
Ai colpi del Maestro, colui-colei che si sente imbarazzato sparisce.
Colui che può reagire ed irritarsi non c’è più.
Rimane sì il devoto, certo, lì nello stesso posto.
Però non lo si può più disturbare.
Tutto quello che egli credeva di dover difendere si è eclissato.
Tutto ciò che credeva di fare, tutto quello che credeva si essere quel ‘me’, torna da dove è venuto….nel nulla…
tutta la ragnatela di credenze, idee e immagini di sé evapora nel nulla…
tutto si scioglie persino l’idea che doveva accadere chissà cosa per sentirmi felice o soddisfatto…
Ciò che rimane è il silenzio privo di confini che nulla vuole e nulla più pretende di essere….
la gioia senza oggetto.
Hari Om