La compassione e la benevolenza di Bhagavan si estendeva anche al regno vegetale.
C’era un albero di mandorle sul lato nord della sala di Bhagavan.
Un devoto chiese ad un operaio di potarlo, ripulendolo dalle foglie morte che sarebbero state utili per adornare le pietanze. L’uomo iniziò a tagliarle con una roncola, ma in maniera indiscriminata, a destra e a manca.
Alla vista di ciò, Bhagavan trasalì ed esclamò:
“Hei! Che stai facendo? Stai torturando quest’albero. Non sai che gli alberi sono esseri viventi?”.
L’operaio replicò che aveva ricevuto ordini da un devoto di tagliare le foglie secche, ma Bhagavan continuò ad ammonirlo: “Voi, gente, non sapete fare nulla senza causare dolore. Immagina se, all’improvviso, afferrassi e tirassi i tuoi capelli. Essi non hanno vita, eppure tu sentiresti quello che sto facendo. Meglio che lasci questo povero albero da solo e te ne vai altrove!”.
Una volta, di notte, Bhagavan vide qualcuno tagliare un ramoscello di un albero del neem, per usarlo, il giorno dopo, come spazzolino da denti.
Bhagavan gli domandò:
“Perché non lasci dormire quest’albero in pace? Potrai prendere il tuo ramo domani. Perché non avere un minimo di buon senso e compassione? Un albero non può urlare, né tantomeno mordere o correre via, ma questo non autorizza chiunque a fare qualsiasi cosa ad un albero”.